“Ero amico di un grande uomo politico. Il suo problema era quello di essere un uomo molto generoso ma molto orgoglioso. Non era nato nella famiglia di cui era diventato l’erede. Era nato povero e improvvisamente era diventato uno degli uomini più ricchi del paese. Tutti i suoi parenti erano poveri. Lui li fece diventare tutti ricchi: diede loro fabbriche, negozi e tutto il denaro possibile, perché ne aveva veramente tanto. Mi disse: “il problema è che nessuno di loro mi ama. Ho dato tutto a tutti, agli amici, alla famiglia, anche agli estranei che sono venuti a chiedermi aiuto. Non ho mai detto no. Ma nessuno mi ama.” Indagai: “Voglio farti una domanda: hai permesso a quelle persone di fare qualcosa per te?” Mi rispose: “In realtà io non ho bisogno di nulla, ho tutto.” Gli spiegai: “Il problema è chiarissimo: non ti rispettano, non ti amano, non ti sono amici, poiché tu li hai oppressi e li hai umiliati in un modo molto sottile. Tu sei un uomo che può aiutare, che può dare milioni alla gente e che non ha bisogno di nulla in cambio.” Proseguii: “Tutto questo ferisce il loro orgoglio. Conosco i tuoi amici, conosco i parenti che hai aiutato e reso ricchi. E so che sono pieni di collera, di rabbia, di astio verso di te. Tu hai fatto loro tanto bene, ma non conosci la psicologia umana. Fai alcune cose semplicissime… non è necessario che tu chieda loro grandi cose, ma devi chiedere loro qualcosa: “Amo le tue rose, un giorno puoi mandarmene qualcuna?”, dai loro modo di pensare di poter ricambiare e tutta la loro collera sparirà. Essi possiedono l’automobile solo perché tu hai dato loro il denaro per acquistarla. Tu non ne hai bisogno ma ogni tanto puoi fare una telefonata e chiedere “Ho bisogno della tua macchina puoi mandarmela?” Puoi cambiare tutta l’atmosfera che ti circonda dando l’oro la convinzione di poter ricambiare.” Commentò: “Non avevo mai visto la cosa da uesta prospettiva.” Dieci anni dopo mi incontrò su un treno e mi disse. “Avevi ragione, ho cominciato a chiedere piccole cose , di nessuna importanza per me, e tutti hanno cambiato atteggiamento”.
Sindrome rancorosa del beneficato
Vi è mai capitato di vedere una relazione (amorosa, amicale, parentale, professionale…) andare improvvisamente a rotoli senza motivo, dopo che a voi sembrava di avere dato tutto ciò che potevate dare alla relazione con gioia e disinteresse (disinteresse significa senza aspettarvi nemmeno gratitudine, perchè l’opportunità di fare ciò che avete fatto era già per voi un riconoscimento sufficiente)?
Può essere che anche voi abbiate avuto a che fare con la ” sindrome rancorosa del beneficato “.
Come nella descrizione del raconto di Osho, è molto più comune di quel che si crede anche perchè ad un’osservazione distaccata pare un comportamento incredibile e ingiustificabile.
Fare a qualcuno a cui vogliamo bene dei piccoli o grandi favori, magari prestargli o regalargli dei soldi in un momento di difficoltà, o mettergli a disposizione il nostro lavoro e le nostre capacità, o soltando essere presente e ascoltare lo sfogo dei suoi problemi con empatia e partecipazione amorevole e pazienza e comprensione senza giudizio, magari anche condividendo di conseguenza a cuore aperto le proprie difficoltà… Questi comportamenti nella morale comune sono la base di una relazione di amicizia sincera, ma se il nostro interlocutore ha il cuore “chiuso” le conseguenze potrebbero essere davvero inspiegabili e soprattutto dolorose. Accade più spesso di quello che crediamo che la persona che ha ricevuto del bene covi dentro di sè un profondo rancore, portando a galla un’insensata invidia dovuta solo ad un senso di inferiorità, quasi sempre assolutamente ingiustificato e quasi sempre inconsapevole.
L’invidia al giorno d’oggi è facilmente dipendente da aspetti materiali. Anche la bellezza, il talento, le capacità, la bontà d’animo oggi sono facilmente assimilati a beni acquistabili (certo sai scrivere perchè hai potuto studiare, certo sei bello/bella perchè occupi tutto il tuo tempo a prenderti cura della tua forma fisica e te lo puoi permettere, certo capaci tutti a dedicarsi agli altri se non si deve quotidianamente combattere con il conto i banca ecc…) quindi privi di merito e quindi dato che sono attribuibili esclusivamente alla dea bendata che ha agevolato (senza merito alcuno) il benefattore e non il beneficato, sono spesso causa di invidia, ma soprattutto di rancore e di senso di ingiustizia e quindi di vittimismo.
La sindrome rancorosa del beneficato è il top dell’ingratitudine, qualcosa di inspiegabile vista dall’altra parte.
“Ma come? Sono stato generoso, gli ho voluto bene, gli ho aperto il cuore,
gli ho dato tutto ciò che ho potuto, semplicemente perchè
farlo mi faceva piacere e adesso lui/lei
mi odia e non perde occasione
per denigrarmi e mettermi in cattiva luce?”
E’ anche questa come molti compotrtamente meschini e per lo più inconsapevoli, è una forma di difesa per chi non è in grado di reggere il confronte con un cuore puro.
Incredibilmente è un atteggiamento innaturale, ma estremamente diffuso, figlio proprio della debolezza emotiva di chi riceve e invece di sentirsi semplicemente grato [spesso accade più facilmente quando il “benefattore” non chiede assolutamente nulla in cambio, ma agisce di cuore, spontanemanete e solo per amore e condivisione (sto bene io, ti voglio bene, faccio tutto ciò che posso per far stare bene anche te)] si sente in debito e non riesce a gestire questa situazione.
Di solito si tratta di persone chiuse di cuore (per quanto a parole sostengano esattamente l’opposto), prive della capacità, la forza, la potenzialità interiore, il coraggio e soprattutto dell’onestà intellettuale ed etica di accettare la generosità ricevuta con gratitudine (o anche di rifiutarla con gentilezza ed empatia perchè no?), ricambiare all’occasione, ma con la comprensione che il proprio amore, amicizia e affetto sinceri sono già un ricambio oltre l’aspettativa del “benefattore”.
La ” sindrome rancorosa del beneficato ” è, allora, quel sordo, ingiustificato rancore (il più delle volte covato inconsapevolmente; altre volte, invece, cosciente) che coglie come una autentica malattia chi ha ricevuto un beneficio, poiché tale condizione lo pone in evidente “debito di riconoscenza” nei confronti del suo benefattore. Un beneficio che egli “dovrebbe” spontaneamente riconoscere, ma che non riesce, fino in fondo, ad accettare di aver ricevuto. Al punto di arrivare, perfino, a dimenticarlo o a negarlo o a sminuirlo o, addirittura, a trasformarlo in un peso dal quale liberarsi e a trasformare il benefattore stesso in una persona da dimenticare se non, addirittura, da penalizzare e calunniare. […] Ma torniamo al nostro rancoroso. Nonostante in cuor suo sappia perfettamente di aver ricevuto del bene non riesce a sostenere il peso del debito di riconoscenza verso il “benefattore” e lo trasforma automaticamente in una persona da allontanare, dimenticare e a volte anche diffamare, da cui la sindrome rancorosa del beneficato.
Maria Rita Parsi
Ancora una volta la lezione è sempre la stessa: accetta l’energia che ti viene inviata e trasmutala. Non esiste energia buona o energia cattiva come non esitono persone buone o persone cattive. Ognuno fa quello che può con ciò che “ha”!
E ancora una volta … se non sono io a soffrire della sindrome rancorosa del beneficato, colgo l’insegnamento, osservo lo specchio e proseguo oltre!
Sindrome rancorosa del beneficato
Autrice Giovanna Garbuio
Tratto dal sito web