DISPEPSIA E DIETA
Per ridurre i disagi della cattiva digestione esistono farmaci da banco efficaci che, assunti al bisogno, aiutano a contrastare rapidamente i sintomi più fastidiosi. Ma per la cura della dispepsia cronica è fondamentale anche rivedere le proprie abitudini alimentari e modificare alcuni aspetti della dieta. Ecco quali e perché.
Il termine dispepsia deriva dal greco “dys“, difficile, e “pepsis“, digestione. Secondo le linee guida più recenti elaborate congiuntamente dal College of Gastroenterology (ACG) e dalla Canadian Association of Gastroenterology (CAG), la definizione clinica generale di dispepsia corrisponde alla “presenza di dolore epigastrico persistente per almeno un mese”.
Che dipendano dall’esistenza di patologie dell’apparato gastroenterico ben definite o da una dispepsia funzionale altrettanto fastidiosa, ma apparentemente priva di cause organiche evidenziabili con le tecniche diagnostiche in uso, i sintomi della cattiva digestione sono inevitabilmente influenzati, nel bene e nel male, dalle abitudini alimentari, intese sia come tipologia dei cibi che si scelgono sia come modalità e tempi con i quali si consumano i pasti.
In aggiunta, dal momento che apparato gastroenterico e psiche si influenzano a vicenda in misura significativa, anche l’atteggiamento che si mantiene nei confronti dell’alimentazione e, più in generale, l’approccio agli eventi della vita e i livelli di ansia e stress incidono in modo sostanziale sul grado di benessere o malessere addominale durante, dopo o lontano dai pasti.
Conoscere quali alimenti e quali circostanze possono aumentare il rischio di soffrire di dispepsia o di peggiorarne le manifestazioni e quali scelte alimentari e comportamentali possono, al contrario, contribuire a facilitare la digestione è fondamentale per evitare disagi significativi che, pur non danneggiando la salute generale, possono ridurre sostanzialmente la possibilità di trarre piacere da situazioni conviviali, di godere di un sano senso di sazietà, di essere efficienti nello studio o sul lavoro, finendo, in definitiva, per deteriorare la qualità di vita.
Eliminare i fattori alimentari che promuovono e aggravano la dispepsia funzionale o dovuta ad altre cause e correggere alcuni errori dello stile di vita, come il fumo e l’insufficiente attività fisica, non risolverà completamente la situazione, ma permetterà di sentirsi meglio e di far sì che anche i farmaci o i rimedi naturali assunti per contrastare sintomi come senso di sazietà precoce, gonfiore addominale, eruttazioni, senso di pesantezza, dolore e bruciore di stomaco, nausea (talvolta anche con vomito) e meteorismo possano esercitare in modo più efficace e completo la loro azione. Ecco alcune indicazioni a riguardo.
ABITUDINI ALIMENTARI E DISPEPSIA
Gli studi che hanno indagato la correlazione tra abitudini alimentari e dispepsia funzionale od organica nelle diverse parti del mondo e in popolazioni caratterizzate da diversi regimi dietetici non hanno sempre portato a risultati univoci, ma hanno comunque permesso di evidenziare alcuni tratti comuni tra le persone che lamentano frequentemente i sintomi della cattiva digestione.
In particolare, è stato osservato che chi soffre di dispepsia tende a mangiare un po’ meno in ciascun pasto e a suddividere maggiormente l’assunzione dei cibi nell’arco della giornata, probabilmente come conseguenza del senso di sazietà precoce e come spontanea autodifesa nei confronti della pesantezza e del gonfiore addominale. Questo atteggiamento incide leggermente sul contenuto energetico del singolo pasto, ma non sulla quantità di calorie assunte durante la giornata.
Differenze più significative riscontrate tra persone con e senza dispepsia funzionale riguardano, invece, il tipo di nutrienti assunti. In particolare, vari studi hanno indicato che il consumo di alimenti grassi si associa a gonfiore addominale, pienezza e pesantezza gastrica, turbolenze intestinali e meteorismo più marcati. Per questa ragione, chi soffre in modo cronico di disturbi digestivi di questo tipo tende a limitare i grassi (soprattutto di origine animale), privilegiando quello dei carboidrati complessi (riso, pasta, cereali, patate ecc.), di norma meglio tollerati su tutti i fronti. Le proteine, animali e vegetali, sembrano posizionarsi in una zona intermedia, aumentando alcuni sintomi della cattiva digestione (in particolare, la sazietà precoce e la pienezza), ma non altri.
In altri studi è stato invece evidenziato che coloro che soffrono di dispepsia funzionale o da cause organiche, sono coloro i quali mantengono comportamenti dietetici poco salutari più spesso delle persone prive di disturbi digestivi. In particolare, chi lamenta cattiva digestione cronica è solito cenare più spesso fuori, avere pasti più disordinati o a orari irregolari, mangiare più in fretta, assumere più dolci e più bevande alcoliche. Inoltre si è visto anche che i sintomi correlati a ciascuno di questi comportamenti si manifestano in modo abbastanza variabile da persona a persona.
Tra i cibi risultati a maggior rischio di innescare fastidi sono stati segnalati: la maionese (e altre creme grasse), le noci (e la frutta secca in genere, specie se salata), il pesce (soprattutto se fritto o cucinato con condimenti grassi), i cibi speziati e piccanti e il cioccolato.
LE BASI DELLA CORRELAZIONE TRA CIBO E CATTIVA DIGESTIONE
Le basi biologiche che legano le caratteristiche della dieta all’insorgenza dei sintomi della cattiva digestione non sono ancora del tutto chiare, ma gli studi condotti nel corso degli anni hanno permesso di individuare una serie di meccanismi plausibili che, probabilmente, agiscono di concerto, sommando i loro effetti sfavorevoli.
Una prima ipotesi formulata per giustificare la sensazione di sazietà precoce ed eccessiva pienezza dopo pasti “medi” per quantità e qualità degli alimenti assunti (che non dovrebbero creare problemi a una persona priva di una malattia gastroenterica specifica), riguarda la presenza di una scarsa tolleranza alla distensione gastrica. In base a questa ipotesi, i recettori nervosi presenti nelle pareti dello stomaco di alcune persone sarebbero particolarmente sensibili alla sollecitazione meccanica data dalla presenza del cibo e invierebbero al cervello segnali di “riempimento eccessivo” molto prima del dovuto.
La sensazione di pesantezza, il gonfiore addominale e, a volte, il dolore da distensione eccessiva, sembrano essere particolarmente significativi quando si assumono cibi ricchi di grassi animali e proteine, caratterizzati da una degradazione biochimica più lenta e, quindi, da una maggiore persistenza nello stomaco. I fastidi da scarsa tolleranza alla distensione gastrica sono, inoltre, aggravati dalla presenza di disturbi della motilità gastrointestinale (frequenti in chi soffre di dispepsia) e/o di parziali ostruzioni delle vie biliari o calcolosi biliare, che riducono la disponibilità degli acidi biliari indispensabili per completare la digestione e mediare l’assorbimento intestinale dei grassi introdotti con gli alimenti.
Anche un transito intestinale lento dovuto alla stitichezza può favorire o peggiorare i sintomi della cattiva digestione poiché riduce la velocità di svuotamento gastrico. Tuttavia, aumentare il consumo di cereali integrali, verdure e legumi ricchi di fibre e assumere maggiori quantità di liquidi (tutte raccomandazioni utili per chi soffre di stipsi) potrebbe non migliorare i disturbi digestivi, poiché le fibre e i liquidi occupano molto spazio nel tubo digerente, sollecitando i recettori nervosi che percepiscono e regolano il grado di distensione delle pareti dello stomaco.
Un consiglio, in questo caso, è privilegiare le fibre della frutta (meglio tollerate da stomaco e intestino rispetto a quelle di cereali e verdure), assumere meno liquidi insieme agli alimenti e bere di più lontano dai pasti. Anche usare olio extra vergine di oliva a crudo è un ottimo accorgimento per migliorare il transito intestinale, mentre vanno aboliti i fritti, che sono veri e propri nemici del funzionamento dell’intestino, oltre che una delle principali cause di pesantezza, bruciore di stomaco, gonfiore addominale ed eruttazioni.
Un altro chiaro legame tra dieta e disturbi digestivi più simili a quelli della gastrite (dolore, bruciore di stomaco ecc.) riguarda l’azione irritante diretta sulle pareti dello stomaco da parte di spezie piccanti (come peperoncini freschi o secchi, pepe, paprika ecc.) o cibi acidi (come pomodori, agrumi ecc.) oppure indiretta, dovuta alla sollecitazione della secrezione di acidi gastrici da parte di particolari alimenti (rafano, zenzero, rapanelli, peperoni, aglio, cipolle, verze e cavoli, mele e frutta acerba in genere, cibi salati ecc.) o bevande (caffè, acqua o bibite gassate e/o contenenti caffeina, alcolici ecc.).
Diversi studi hanno anche evidenziato il possibile coinvolgimento del sistema immunitario intestinale nell’insorgenza dei sintomi della dispepsia funzionale, ed è stato ipotizzato che particolari cibi o elementi contenuti al loro interno come, per esempio, il glutine, il lattosio o i lieviti, possano indurre una reazione infiammatoria anomala a livello delle pareti dell’intestino. I dati a supporto dell’implicazione di specifiche sostanze nello sviluppo e nella persistenza di cattiva digestione e gonfiore addominale restano da approfondire e confermare, ma l’esperienza quotidiana individuale può aiutare a capire se, anche in assenza di vere e proprie intolleranze o allergie alimentari, l’assunzione di determinate categorie di alimenti possa essere all’origine di un peggioramento dei disturbi a livello soggettivo.
Per finire, non può essere trascurato il possibile ruolo del microbiota intestinale, cioè l’insieme dei microrganismi che risiedono stabilmente, in equilibrio tra loro, nel canale intestinale. Alterazioni della ricchezza, della composizione e della biodiversità del microbiota sono state chiaramente evidenziate in persone che soffrono di sindrome del colon irritabile e studi preliminari indicano che variazioni analoghe possono essere riscontrate anche in alcuni sottogruppi di pazienti con dispepsia funzionale. In entrambi casi, resta tuttavia da capire se gli squilibri della composizione microbica intestinale contribuiscano all’origine o siano una conseguenza dei disturbi citati, e se la prevenzione e la terapia di questi ultimi possa essere legata alla dieta per esempio tramite l’assunzione di preparati pre o probiotici che tutelano il microbiota intestinale.
CONSIGLI PRATICI
In media, lo stomaco di una persona sana impiega circa 2-3 ore per svuotarsi completamente dopo un pasto medio per quantità e tipologia dei nutrienti assunti. Se si esagera con il cibo, come spesso accade in occasioni conviviali e giorni di festa, introducendo quantità di cibo più significative naturalmente lo stomaco impiega più tempo per sminuzzare carboidrati, proteine e grassi animali e farli procedere verso l’intestino tenue per il completamento del processo digestivo, e il successivo assorbimento delle sostanze utili all’organismo. Quando capita, quindi, è assolutamente normale sentirsi temporaneamente appesantiti e avere difficoltà digestive più o meno rilevanti.
Se il disturbo è occasionale e riferito a stravizi alimentari ben contestualizzati, il problema è minimo e la cura può basarsi su semplici farmaci procinetici e/o antiacidi da banco, assunti al bisogno. Viceversa, se lo stomaco tende a tollerare male anche pasti non troppo abbondanti e comprendenti alimenti relativamente sani e il problema tende a ripetersi spesso, è bene consultare il medico per ricevere una diagnosi più precisa dell’eventuale malattia presente e indicazioni di cura più mirate.
A prescindere dagli esiti dell’approfondimento clinico, in caso di disturbi digestivi persistenti, oltre ad assumere i farmaci prescritti, sarà anche necessario modificare l’alimentazione abituale per cercare di ridurre il più possibile il lavoro richiesto allo stomaco e l’effetto “sensibilizzante” di specifiche sostanze. Alcuni accorgimenti utili per favorire la digestione ed evitare la sensazione di sazietà precoce, pesantezza, gonfiore addominale e bruciore gastrico comprendono:
- suddividere maggiormente i pasti, mangiando meno più volte al giorno e prevedendo, oltre a colazione, pranzo e cena, anche spuntini leggeri a metà mattina e a metà pomeriggio
- mangiare preferibilmente alimenti freschi, sani, poco grassi e poco salati, crudi o cucinati in modo semplice (alla griglia, al vapore, bolliti ecc.)
- non mischiare troppi cibi differenti nello stesso pasto (soprattutto, evitare di consumare insieme pesce o carne e formaggi/uova)
- limitare il consumo di cibi fritti, grassi animali, formaggi fermentati, dolci, creme, salse ecc.
- evitare gli alimenti che soggettivamente peggiorano i sintomi della dispepsia
- ridurre o eliminare temporaneamente il consumo di pane, pasta, pizza e altri alimenti contenenti glutine e/o lieviti per valutare se i sintomi migliorano (in particolare, gonfiore addominale, meteorismo ed eventuale malassorbimento/diarrea)
- masticare bene, lentamente e a lungo, senza parlare mentre si mangia
- durante i pasti bere acqua naturale a temperatura ambiente, senza eccedere con la quantità per evitare di promuovere la sensazione di pienezza e il gonfiore addominale, e bere di più lontano dai pasti
- evitare le bevande gassate e tutti i liquidi troppo caldi o troppo freddi
- consumare con moderazione il caffè e altre bevande contenenti caffeina
- ridurre al minimo il consumo di alcol (in particolare, cocktail, aperitivi, superalcolici)
- evitare lo stress e le situazioni emotivamente sgradevoli, soprattutto durante e dopo i pasti
- evitare il fumo e, possibilmente, anche sostitutivi della nicotina
- in presenza di pesantezza e gonfiore addominale, bere tisane a base di finocchio, zenzero, camomilla e limone, oppure masticare caramelle alla menta, all’anice o alla liquirizia.
Fonte geffer.it